Alla luce dei miei studi e della mia esperienza nel riconoscere e riequilibrare le patologie osteo-articolari, mi soffermerò sulle problematiche tipiche dei piedi degli sportivi e non, ma non entrerò nello specifico delle patologie a carico di tendini e legamenti, per non annoiarvi con l’abbondanza di dati di un trattato medico scientifico.
Quando accusiamo un problema osteo-articolare, a soffrirne saranno anche i comparti legamentosi e tendinei della zona interessata. In caso di infiammazione o di un trauma articolare si ha un’alterazione del tessuto connettivo, che normalmente assicura la coesione delle cellule degli organi e il trasporto delle sostanze necessarie al metabolismo (come ossigeno e nutrimenti acidi) verso le cellule e viceversa.
Il tessuto connettivo ha un ruolo essenziale: serve da filtro nei depositi e da tampone.
In caso di una sua alterazione, le scorie particolarmente acide derivanti dal trauma articolare non vengono più eliminate abbastanza rapidamente e le cellule sono rifornite di nutrimenti in modo casuale e non razionale.
Nelle patologie degenerative e traumatiche dei nostri piedi, questo meccanismo di mancata eliminazione sfocia in tensioni sia muscolari sia tendinee, provocando diverse patologie a carico del piede. L’eccesso di acidità impedisce all’acqua di fissarsi in modo corretto nelle articolazioni, alterando la loro struttura, motivo per ribadire l’importanza di una corretta idratazione.
Giornate intere trascorse con tacchi e con scarpe non adeguate, allenamenti troppo pesanti producono troppe sostanze acide determinando una perdita di elasticità e di equilibrio in tutto il corpo, specialmente nei piedi. Da un punto di vista anatomico, il piede è una struttura estremamente complessa.
Rappresenta la porzione più distale dell’arto inferiore e in esso si distinguono: la caviglia, che media la continuità con la gamba; il tallone, che costituisce l’estremità posteriore del piede; il metatarso, che costituisce la porzione anteriore del piede e le dita che sono la parte finale del piede.
Nella posizione ortostatica il piede permette di distinguere una superficie inferiore, detta pianta o superficie plantare, e una superficie superiore, detta dorso. Il piede rappresenta un punto fisso al suolo su cui grava l’intero peso del corpo; ci consente di assumere la postura eretta e di spostarci nello spazio.
Riceve i comandi tramite i muscoli e interagisce con il resto del corpo fornendo costanti informazioni provenienti da recettori cutanei presenti sulla sua pianta, i recettori di Pacini, oltre che da propriocettori presenti sui muscoli, sui tendini e sulle articolazioni.
La sua architettura è complessa; basti pensare che in questo piccolo segmento scheletrico dedicato alla mobilità troviamo ben 26 ossa, cui si aggiungono 2 piccoli ossicini posizionati al di sotto della testa del primo metatarso, che si chiamano sesamoidi. Le ossa del piede vengono solitamente raggruppate in 3 zone: avampiede, mesopiede e retro piede.
L’avampiede è costituito dalle falangi e dai 5 metatarsi. Le falangi sono 3 per ogni dito: prossimale, intermedia e distale. Nell’alluce sono solo 2: prossimale e distale.
Il mesopiede costituisce la parte intermedia del piede. In esso troviamo i 3 cuneiformi, il cuboide e il navicolare, detto anche scafoide.
Il retro piede è costituito da astragalo e calcagno, che rappresentala parte più posteriore del piede e che si articola con la parte finale della gamba. Le 26 ossa componenti lo scheletro del piede si mettono in rapporto tra loro mediante le articolazioni, distinguibili in base al segmento del piede considerato: articolazioni della caviglia, articolazioni del tarso, articolazioni del metatarso, articolazioni delle dita. Ogni articolazione è sostenuta da complessi sistemi legamentosi.
Tutte le ossa del piede, a livello articolare, presentano un rivestimento di cartilagine elastico e resistente, che assicura il fluido scorrimento delle ossa durante il movimento e funge da cuscinetto protettivo per assorbire e attutire gli urti.
La pianta del piede non poggia completamente sul terreno ma si alza determinando una curva, più o meno accentuata, definita volta plantare. Tale curvatura è delimitata da 3 archi plantari che, proprio come avviene per gli archi architettonici, hanno la funzione di trasformare le spinte verticali in spinte longitudinali, allo scopo di distribuire in maniera armonica il peso del corpo sulla superficie del piede interessata durante la deambulazione.
A seconda dell’altezza di queste volte si possono individuare diverse tipologie di piede. Generalmente chi ha il piede piatto, quindi un arco plantare molto basso, tende ad avere una iper-pronazione; viceversa chi ha un arco plantare alto tende ad avere supinazione o una iper-supinazione e si parla di piede cavo. Questi difetti possono influire sulla postura e sulla locomozione, determinando un quadro clinico più o meno grave, sintomatologie dolorose e limitazioni funzionali.
Come valutare una patologia del piede
Per un corretto inquadramento delle problematiche a carico del piede bisogna tener conto di diversi elementi. L’anamnesi, ovvero la storia familiare e personale di ognuno di noi, ha come obiettivo la raccolta di tutte le informazioni relative a patologie di diversa natura. Tali patologie possono essere: metaboliche, come il diabete; vascolari, come un’insufficienza arteriosa o venosa agli arti inferiori; traumatiche, come distorsioni, fratture, contusioni o lussazioni pregresse; infiammatorie, come l’artrite reumatoide, la gotta o infezioni osteoarticolari; degenerative, come l’artrosi; tumorali.
In ambito sportivo e non solo per una corretta impostazione dei carichi di allenamento e lavoro è inoltre importante sapere se l’atleta in passato sia stato sottoposto a interventi chirurgici, soprattutto se questi hanno riguardato l’apparato locomotore. Prima di iniziare un programma di lavoro preciso, l’allenatore deve curare in modo particolare la deambulazione e la postura, eventuali asimmetrie degli arti e lo stato generale dei piedi dei propri atleti.